Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog
Pro Letteratura e Cultura

Saggio sull'arte, a cura di Mario Vassalle

15 Novembre 2017, 17:07pm

Pubblicato da Emanuele Marcuccio

 

Arte


 

Saggio da: “La Realtà dell’Io: Aforismi/ The Reality of the Self: Aphorisms” di Mario Vassalle, copyright © 2000.

20 maggio 2000

 

L’ARTE

 

Il problema
Durante una visita ad un museo d’arte moderna, sono rimasto colpito dalla varietà delle opere presentate e più ancora dalla varietà delle opinioni dei visitatori. La cosa mi ha reso perplesso dal momento che la stessa opera non può essere allo stesso tempo bella e brutta. Per chiarirmi le idee, ho cominciato a domandare alla gente che cosa sia l’arte.
Solo conoscendo la risposta a questa domanda, si può sperare di essere in una posizione migliore per formarsi un’opinione motivata su opere artistiche. Purtroppo, la mia indagine non ha progredito molto, dal momento che spesso la risposta non era sufficientemente specifica da essere soddisfacente, o consisteva in un’espressione perplessa, una lunga pausa e poi un Non lo so. Questa risposta non era del tutto sorprendente, dal momento che facevo quella domanda perché io stesso non sapevo la risposta. Così, spinto dal desiderio di saperne di più sull’arte, mi sono messo a rifletterci sopra. Non so quanto abbia progredito in questa mia analisi, ma desidero condividere le mie riflessioni con chi desidera leggerle.


Definizione dell’arte
L’arte consiste nella creazione della bellezza, qualunque sia il soggetto rappresentato o lo stile adottato. Per esempio, non la bruttezza, ma la rappresentazione della bruttezza deve essere bella. Reciprocamente, la rappresentazione della bellezza fisica può anche essere formale e leziosa, cioè brutta. Ci sono quadri belli di persone brutte e quadri brutti di persone belle. Naturalmente, la rappresentazione di un soggetto bello può essere brutta o perché l’artista non ê bravo, o perché vuol esserlo adottando la stranezza del metodo come strumento di originalità.


Emozioni e bellezza
Indipendentemente dal soggetto scelto e dallo stile, l’arte può provocare differenti emozioni (pietà, esaltazione, tristezza, melanconia, abbandono, ecc.), ma nel provare queste emozioni si deve necessariamente sentire allo stesso tempo un piacere estetico, cioè il piacere che la bellezza dà. Per farlo, è necessario che la creazione sia bella. Se un opera non dà piacere estetico, o non ê arte (l’opera non ê bella) o l’osservatore non ha buon gusto.
Come nella vita, l’arte può rappresentare il bene ed il male, il bello e il brutto, il morale e l’immorale, ecc., ma in maniera che noi troviamo bella, indipendentemente dalla natura delle emozioni che il soggetto rappresentato suscita in noi quando considerato fuori del campo dell’arte.
Di quello che vede, l’artista sceglie quello che emozionalmente lo colpisce. Non ha importanza se tende a cogliere aspetti tristi della vita, come la povertà, il declino, la disperazione del fallimento, una rassegnazione cronica, l’abitudine al grigiore di una vita vinta, una vita che non ha mai cominciato a vivere, l’affondare progressivo nell’alcol, la depressione della disperazione, il digiuno degli affetti, la solitudine, una generale bruttezza ambientale, una morte insignificante dopo una vita insignificante, la mancanza di sogni, ecc.
Una rappresentazione magistrale della tristezza, tragedia, tradimento, povertà o crudeltà ci può rattristare, ma allo stesso tempo proviamo piacere nella bellezza che ci ha commosso. In un’opera che ci commuove fino alle lacrime, il piacere è tanto più grande quanto più siamo commossi, il piacere che dà la perfezione di un capolavoro. Si versano lacrime non di tristezza, ma di commozione per la bellezza della sua drammatica tristezza. In ultima analisi, la bellezza di un’opera ê proporzionale all’intensità delle emozioni che ci fa provare. Di fatto, il contrasto tra tristezza e piacere estetico che si prova allo stesso tempo contribuisce al pathos di quello che proviamo. Se l’artista coglie le emozioni con la sua arte, ê la loro acutezza che dà un’anima alla creazione. È l’anima che dà la bellezza alla creazione.
Se il trattamento dello stesso soggetto è assai mediocre (cioè non artistico), invece di essere commossi, siamo delusi e irritati dal fatto che non vi è bellezza nella musica, canto, recitazione, intreccio, o psicologia del comportamento, ecc. Nell’arte, il fallimento è la mancanza di bellezza.


Emozioni senza bellezza
Se non vi è bellezza senza emozione, vi possono essere emozioni senza bellezza. Se nella vita quotidiana si è esposti ad un evento triste (essendo quello solo triste e non bello), si prova solo tristezza. Se si assiste ad un serio incidente stradale o si vedono in televisione le devastazioni di un terremoto proviamo orrore, tristezza e compassione, ma certamente non piacere. In quello che si vede ci può essere una tragedia, ma non vi è bellezza. Anzi, viene spontaneo dire: Che brutto incidente! Si prova tristezza per la presenza di compassione; non proviamo piacere nell’essere tristi per mancanza di bellezza.
Se poi anche in un atto della vita quotidiana vi è bellezza (per es., uno sfortunato atto eroico), si prova tristezza per la sfortuna, ma anche il piacere che deriva da un bella azione. È possibile che Giulio Cesare abbia voluto una bella morte, una morte nobile e coraggiosa, degno coronamento di una vita straordinaria. Una morte che ponesse un tocco finale alla scenografia di una vita che aspirava ad una gloria eterna. Non bisogna dimenticare che Cesare era anche un grande scrittore, cioè un artista.

La creazione
Per definizione, la creazione risulta in qualcosa che non esisteva prima: la creazione è sempre originale e unica. Anche se un quadro od un libro si ispirano a oggetti e persone che esistono in natura, questi non rappresentano la realtà esterna, ma la realtà sviluppata dal modo di sentire, sensibilità, creatività, immaginazione e bravura dell’autore. Si può anche affermare che ogni creazione è unica perché il suo creatore è unico.
Questo spiega perché i quadri falsi hanno ben poco valore anche se copiati in maniera così perfetta che è difficile stabilire se si tratta di una falsificazione o di un originale. Persino una riproduzione dello stesso quadro da parte del suo autore avrebbe poco valore. Una copia (anche eccellente) è senza valore, perché non è una creazione, soltanto una copia di una creazione, un semplice duplicato.
Lo stesso concetto si applica al dipinto originale. Se un artista copia fedelmente la natura, la mancanza di originalità squalifica la sua opera: le copie originali non esistono, neanche della natura. Se l’artista copiasse la natura, ne farebbe una fotografia, invece di ricreare la natura secondo quello che la sua immaginazione, sensibilità, fantasia, e stile gli suggeriscono. Se l’arte copiasse la natura, i lati negativi della vita non potrebbero mai sperare di essere rappresentati in maniera bella: quello che mancherebbe sarebbe l’emozione umana che suscitano e che ê riflessa nella bellezza della creazione. Similmente, la bellezza della natura verrebbe semplicemente duplicata senza poesia personale. La natura spesso provvede lo stimolo per l’ispirazione, e l’artista traduce la sua ispirazione nell’espressione dei suoi sentimenti. Similmente, se uno scrittore copiasse la natura, invece di un romanzo scriverebbe una cronaca.
Per lo stesso motivo, un ritratto può essere fedele, ma non può essere una fotografia. Il ritratto è una interpretazione soggettiva dell’artista, non una descrizione oggettiva di una persona. Cosa l’artista può creare, se non quello che è nella sua mente? Un ritratto non è la riproduzione di come uno si crede di essere, ma la creazione di quello che l’artista vede e sente di quella persona.
A questo riguardo, bisogna notare che questa non è una peculiarità dell’artista, ma una legge generale: ciascuno di noi è una persona differente a seconda di chi lo percepisce. Siamo differenti per gli altri, perché differenti persone hanno una percezione di noi diversa. La percezione è diversa qualitativamente e quantitativamente a seconda di quanto sanno di noi (per es., a causa di una continua vicinanza); e a seconda della loro finezza e capacità nel percepirci. Le persone più percettive si formano un ritratto degli altri assai più somigliante all’originale. In un certo senso, ciascuno di noi si forma nella sua mente un ritratto diverso di una data persona, per quanto generalmente non vi sia nulla di artistico. In alcuni casi, se abbiamo troppa fantasia, ci si forma nella mente il ritratto di una persona che non esiste, talmente il ritratto è differente dall’originale. Nel fare un ritratto, l’artista ê fortemente influenzato dalle esigenze estetiche del quadro, oltre che dalla fisionomia del soggetto da ritrarre. Quello che ê considerato bello varia a seconda dell’artista e pertanto varia anche quello che l’artista sceglie di rappresentare e lo stile che usa.


Creazione e soggetto originale
Nel ritratto, l’artista vuol creare un quadro esteticamente coerente secondo la sua interpretazione, finezza psicologica, sensibilità, abilità e stile. Il quadro vive di una vita propria (indipendentemente dal soggetto originale), precisamente perché non è una copia. Col tempo, l’originale (che sia bello o brutto) cessa di essere, ed il quadro (se è bello) sopravvive. Per un artista, la cosa più importante è che il ritratto sia bello, indipendentemente da chi vi è ritratto. Lo sfondo può essere così importante come la carnagione del viso.
Per avere una vita propria, il ritratto deve avere un’anima, un’anima rivelata da come il corpo ê ritratto (per esempio, l’acutezza della mente nella luce degli occhi, o la nobiltà dei tratti). Il ritratto ci fa vedere la creatura dell’artista.
Dal momento che lo scopo principale del ritratto è quello di essere artistico, nel quadro vi può essere una poesia, una nobiltà d’animo, una forza morale o una mente acuta che quella persona non ha mai avuto. È possibile attribuire alla persona ritratta queste e altre qualità perché certe caratteristiche della mente sono generalmente rivelate dall’espressione del viso e dal portamento di una persona. Pertanto, è possibile riconoscere in differenti persone la superbia, la bontà, la nobiltà dell’anima, l’umiltà, l’intelligenza, l’astuzia, la forza di carattere, la sicurezza che deriva dal potere, l’insignificanza, ecc. O per lo meno, certe espressioni fisiche corrispondono a certe qualità mentali: di qui, la possibilità che l’espressione nel dipinto suggerisca qualità che un individuo non possiede. Certi ritratti vogliono essere l’apoteosi di un’istituzione piuttosto che di un individuo: il ritratto di un Re o di un Imperatore non può che essere magnifico, indipendentemente dalla mediocrità di chi ha ereditato il trono. In questo caso, è il soggetto stesso che non vuole essere ritratto come vede se stesso, ma come vuole che lo vedano gli altri. Nessun Re si farà mai ritrarre in vestaglia, col berretto da notte, e le ciabatte. Quello che è ritratto è Al’Io Ufficiale@ (per una definizione di AIo Ufficiale@, vedi l’aforisma 1035).
Se uno vuole un ritratto Afedele@, deve rivolgersi ad un fotografo e non ad un pittore. E anche il fotografo professionale cercherà di fare una bella fotografia, dove, per esempio, il cranio calvo sparisce in una penombra discreta e la posa è eretta e piena di dignità.


La persona ritratta e chi la ritrae
Per quanto indirettamente, il ritratto di una persona ritrae allo stesso tempo la personalità dell’artista: non si tratta solo di un ritratto, ma di un ritratto fatto da quell’artista. Al punto che spesso ci si riferisce al ritratto col nome dell’artista (per esempio, un ritratto di Leonardo, intendendo un ritratto fatto da Leonardo, non un ritratto rappresentante Leonardo) piuttosto che col nome della persona che vi è ritratta.
Il fatto è che quella persona l’ha fatta Dio e il suo ritratto l’ha fatto l’artista. In questo senso, una persona provvede solo il soggetto per la creazione dell’artista. Il ritratto coglie e fissa per sempre un stadio particolare (e transitorio) della vita fisica e mentale del soggetto quale la vede l’artista. Della Monna Lisa si vede solo quello che Leonardo ha dipinto: persino le sue ceneri sono sparite da gran tempo, per quanto Leonardo viva nelle nostre menti mediante le sue opere.
Per convincersi del fatto che il soggetto provvede solo la materia prima per la creazione artistica, basterebbe ordinare il ritratto della stessa persona a dieci artisti diversi. Ne risulterebbero non tanto dieci differenti ritratti della stessa persona, quanto il ritratto di dieci persone differenti. A questo riguardo, basta pensare alle differenze che vi sarebbero tra un ritratto fatto da Raffaello e quello fatto da Picasso. Ogni artista coglierebbe di quella persona le caratteristiche che lo interessano e le rappresenterebbe secondo le esigenze (o le pretese) del suo stile.

 

 

Continua a leggere a questo link il file in PDF


Immagine a corredo, crediti: Di User:Husky and h3m3ls, Mischa de Muynck and Niels - Contains details of these pictures:Vincent van Gogh Self-portraitDetail from the Venus (Botticelli)Temple lion, Japanese porcelainChokwesculptureFor a previous revision of this collage see File:Art portrait collage.jpg, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8064545


Live Support