Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog
Pro Letteratura e Cultura

Saggio sul Tempo, a cura di Mario Vassalle, da "Diario di un Fisiologo del Cuore", New York (USA), 1992

19 Luglio 2013, 22:01pm

Pubblicato da Emanuele Marcuccio

Nel saggio di Mario Vassalle avviene la dissoluzione del concetto di tempo, il tempo esiste solo in correlazione ad un soggetto percipiente. Fuori di noi si dissolve anche lo spazio, perché spazio e tempo sono interconnessi, quello che rimane "ab aeterno" è l'infinito e l'eternità.
Come ho espresso in un mio recente aforisma: «Un tutto indefinito è la realtà che si para davanti ai nostri occhi, apparenza che è nulla, e che nasconde una dimensione in cui non esiste né spazio, né tempo: l'infinito.»

Buona lettura!

Emanuele Marcuccio

 

http://lospecchiodelpensiero.files.wordpress.com/2013/04/orologiotto.jpg

 

IL TEMPO1

 

a cura di Mario Vassalle

 

 

La natura del Tempo

 

La successione delle cose non è istantanea. Se si va a comprare il giornale a piedi, ci vuole un certo tempo. Se ci si va in bicicletta, ce ne vuole di meno, e in automobile ancora meno. Se ci si sposta più rapidamente, si impiega meno tempo. Quindi, se la distanza non varia, il tempo è la variabile che misura la velocità di spostamento delle cose. Ma se si legge il giornale a sedere su di una poltrona, lo spostamento è zero ed il tempo passa lo stesso. Allora, in cosa consiste il tempo? Che cosa è che passa?

 

Tempo e consapevolezza

 

Qui bisogna vedere in che cosa consiste la differenza tra il tempo e la coscienza del tempo. Sembrerebbe che il tempo passi anche se non ce ne accorgiamo, ma se non ce ne accorgiamo mai, il tempo non percepito non esisterà mai. Se ci rendiamo conto che del tempo deve essere passato, in tal caso quel tempo esiste solo in quanto ci si rende conto che deve essere passato e solo come tempo passato. Alzando gli occhi dal giornale e guardando l'orologio, succede di dire frasi come: "Cosa? Sono già le otto?". In tal caso, si confronta il tempo che crediamo sia passato nella nostra mente con quello misurato dalle lancette dell'orologio. Se c'è un'apparente discrepanza tra quello che si pensa sull'ora e quello che segna l'orologio, si crede all'orologio. Si conclude allora che (per esempio) si è letto per due ore, cioè il tempo non percepito diventa un'entità (una nozione) di due ore nella mente. 

 

La misurazione del Tempo

 

Questo dimostra che per esperienza sappiamo che la mente, per le più svariate ragioni, non tiene un conto accurato del tempo. La mente si serve di punti di riferimento, come l'orologio o la luce del sole perché sa che questi variano ad una velocità costante e pertanto sono una misura "oggettiva" del passare del tempo. In realtà, sono una misura del nostro transitare su questa terra o, se si vuole, del flusso delle nostre percezioni e dei nostri pensieri (che è la stessa cosa). Con tutto questo, anche l'orologio non necessariamente è sempre esatto. Se l'orologio segna le otto ma in realtà sono le sette, si crede al tempo che si legge nell'orologio finché non ci si accorge che è sbagliato. Quanto alla luce del sole, guardando fuori della finestra ci si rende conto che è l'alba, o pieno giorno o notte. Vedendo il sole tramontare, se ne conclude che anche questa giornata è finita. In questo caso, il moto apparente del sole ci dà una misura del passare di un certo tempo (una giornata).

 

La necessità di una mente percipiente2

 

Ma siamo noi a concludere che un'altra giornata è passata (cioè una serie di eventi della nostra vita o un certo periodo durante il quale abbiamo percepito la luce del sole). La giornata è passata per noi che abbiamo ricevuto ed elaborato messaggi diversi in successione (un processo che chiamiamo tempo), per noi la cui vita è fatta di un numero finito di giornate. Noi a cui è permesso di pensare un certo numero di pensieri e provare un certo numero di emozioni, un processo in cui consiste la nostra vita. Il sole non lo sa se una giornata è passata, tanto più che per il sole il ciclo di 24 ore non esiste: il sole brilla sempre in un eterno "giorno" a cui non sono stati imposti i confini della notte. Né la giornata esiste per la terra che, ruotando continuamente, espone gradualmente una nuova parte della sua superficie al sole senza un punto di partenza o di arrivo.
L'alba è quello che uno vede alle sei del mattino a Viareggio e alle sei del mattino (ma sei ore dopo) se è a New York. Per la terra (se questa potesse rendersene conto), l'alba c'è sempre, eterna, su qualche parte della sua superficie, e si sposta continuamente e gradualmente. Per la terra, allo stesso tempo il tramonto c'è sempre, eterno, su qualche parte della sua superficie, e si sposta continuamente e gradualmente. Infatti, se uno si sposta con un aereo nella direzione giusta e alla velocità necessaria, vede sempre e solo l'alba (o sempre e solo il tramonto o sempre e solo qualsiasi altra ora del giorno). Dunque, dove comincia il "nuovo" giorno per la terra? Ammesso che la terra potesse porsi la domanda ed elaborare una risposta. Il giorno comincia perché chi vede l'alba e pertanto comincia in diversi tempi a seconda della posizione sulla terra di chi vede l'alba.
Se l'orologio si ferma o la terra si fermasse, saremmo disorientati nel tempo? Evidentemente no, dal momento che anche dove il giorno dura sei mesi o non ci sono orologi, la gente si rende conto che il tempo passa lo stesso e mangia o dorme quando viene il tempo per mangiare o dormire. Questi processi non dipendono dal tempo, ma dalle necessità energetiche e di ricupero del corpo. Dal che si conclude che sia orologio che sole sono punti di riferimento di cui ci serviamo per misurare "oggettivamente" una successione di eventi ("È arrivato da due ore", "È successo tre giorni fa"). Tuttavia, percepiamo il passare del tempo anche se quello che usiamo per misurarlo non "funziona" (per quanto allora la valutazione del tempo viene più precisa).
Infatti, sia l'orologio che il movimento apparente del sole non misurano nulla: ci offrono solo immagini che variano a velocità costante e possono essere lette in una certa maniera. Se sull'orologio la lancetta lunga è sul 12 e quella corta sul 6, noi diciamo che sono le sei; e se quella corta è poco dopo il 12 e quella lunga è sul 6, si dice che sono le dodici e mezzo (se di giorno o di notte richiede altre informazioni). Ma l'ultimo a rendersi conto che sono le sei o un'altra ora è proprio l'orologio. Il quale non solo non sa leggere quello che segna, ma non ha nemmeno la concezione del tempo. E similmente per il sole. Per loro non esiste né ieri, né oggi, né domani. 

 

L’Io e il passato, presente e futuro

 

Quindi si ritorna alla domanda originale: cosa è che passa? La risposta non può essere che: noi. Cioè l'Io. Il passato è quello che l'Io ha vissuto, il presente quello che vive e il futuro quello che vivrà. O il passato è quello che la mente ricorda, il presente quello che la mente percepisce e il futuro quello che la mente anticipa. In questa maniera, la mente crea il tempo e lo misura. Per un neonato che nasce oggi, il tempo è tutto futuro e per uno che nello stesso giorno compie novant'anni il tempo è quasi tutto passato. Quindi, nello stesso giorno, il tempo può essere tutto da venire o tutto andato a seconda dell'età dell'individuo, perché così è per la mente che lo concepisce. La mente, che come una meteora, sfreccia per un certo numero di anni sulla terra, illuminandola.
Ma in realtà il futuro non è quello che l'Io vivrà e il passato non è quello che l'Io ha vissuto. Per il neonato non solo non esiste il passato o il futuro, ma neanche il presente perché la sua mente immatura ancora non pensa e pertanto non ha ancora né la concezione né la percezione del tempo. Se il novantenne è affetto da perdita di memoria o da severa arteriosclerosi cerebrale, il passato non esiste più (e talvolta neanche il presente, per non parlare del futuro). Cioè, il tempo (per essere un fenomeno mentale) richiede una mente che funzioni normalmente. Pertanto, il passato diventa quello che l'Io ricorda, il presente quello che l'Io prova e il futuro quello che l'Io anticipa. È per questo che il tempo non ha significato per il neonato dove l'Io non c'è ancora e nel novantenne dove l'Io può non esserci più.

 

Anticipazione, percezione e ricordo

 

Il tempo è una creatura della mente e consiste nella coscienza che le anticipazioni del futuro ("Cosa c'è per cena?") si realizzano in quello che si prova (mangiare la cena) per poi diventare un ricordo ("La cena era buona"). In altre parole, il passare del tempo si identifica con le caratteristiche di quello che si pensa. Se si anticipa una cosa, questa appartiene al futuro, se si percepisce una cosa questa appartiene al presente e se la si ricorda al passato. È questa transizione nella mente dall'anticipare, al percepire e al ricordare che costituisce il passare del tempo.
È per questo che per noi "domani" inevitabilmente diventerà "oggi" per poi diventare "ieri". Eppure qui si parla esattamente dello stesso giorno. Non è il giorno che cambia, ma la sua relazione all'Io. Cambia la sua relazione rispetto all'Io perché questo è capace di riconoscere la differenza tra cose anticipate, percepite e ricordate. Uno può anche confondere quello che anticipa o ricorda con quello che percepisce: se questo succede occasionalmente, si dice che uno si è sbagliato; se continuamente, allora si dice che uno è disorientato nel tempo. Il presente è quello che l'Io, nel suo viaggio dal nulla all'eternità, percepisce in un dato momento su questa terra. Poiché le anticipazioni diventano prima percezioni e poi ricordi, il presente è il ponte che il futuro attraversa per diventare passato. Anche se nulla cambia negli stimoli esterni, l'Io percepisce che la stessa immagine si presenta alla sua mente senza variare. Se la mente si rende conto che l'immagine non varia, si rende conto che il tempo passa dal momento che la fissità dell'immagine è fatta da successive percezioni degli stessi stimoli. Se non c'è la coscienza di successive percezioni, il tempo non passa a meno che la mente poi non lo deduca da altri indizi.

 

Contabilità del tempo

 

Quindi, l'Io concepisce e misura il tempo secondo il variare delle caratteristiche dei suoi pensieri. Ma la mente non tiene un conto accurato di come le sue successive percezioni variano. Spesso dobbiamo domandare ad altri che giorno è per sapere la data esatta. Se si è finiti su un'isola deserta, si è costretti a fare intagli su un albero per tener conto dei giorni che passano. Se su quell'isola si è deliranti per alcuni giorni per febbre alta, si perde il conto dei giorni e quei giorni (2 o 3 o 5?) non esisteranno mai. Generalmente, per misurare il tempo ci si serve di oggetti che si muovono su una distanza fissa ad una velocità costante: il movimento di questi oggetti allora diventa una misura del tempo. Questi oggetti possono essere l'orologio per le ore e il sole per i giorni.
Ma l'orologio non è il tempo e non segna il tempo (altrimenti il tempo non passerebbe per chi non ha un orologio). Similmente, la luce del sole segna solo il movimento della terra su se stessa e lo fa perché noi percepiamo la luce in cicli di 24 ore (ma il tempo passa anche quando il giorno dura sei mesi).
Siamo noi che leggiamo il tempo nel moto dell'orologio e in quello apparente del sole, cioè li prendiamo come una misura del passare della nostra vita. Il motto "Tempus fugit" iscritto su qualche orologio non ha nulla a che vedere con l'orologio o le sue lancette, che, per se stessi, non fuggono da nessuna parte. Quello che scorre rapidamente non è quello che segna l'orologio (che al contrario si muove a velocità costante e relativamente lenta): quello che fugge è il tempo della nostra mente perché la nostra mente dura solo un certo numero di anni. O meglio quello che fugge è il presente che diventa passato col continuo variare delle nostre percezioni, cosicché c'è un trasformarsi continuo della percezione in ricordo.
Ma anche quello che usiamo come misura del tempo può variare. Siccome ci sono diversi tipi di Io con diverse tradizioni, la misura del tempo può essere fatta similmente, ma con punti di riferimento diversi. È questa la base dei diversi calendari: non una differenza reale nel senso che un dato anno è lo stesso anno per tutti, anche se in un calendario è l'anno 1682 e in un altro è l'anno 2894. Quello che percepiamo è simile e pertanto ci fa partecipi della stessa epoca. Quello che è differente è il punto di riferimento che è una scelta puramente umana. Una scelta basata su convinzioni soggettive, giustificate solo dall'ignoranza della data di nascita della terra (per quanto in tal caso il numero che identifica gli anni sarebbe troppo lungo). Se poi il tempo è calcolato e misurato in una maniera sbagliata (per imprecisa conoscenza dei fenomeni fisici su cui la misurazione si basa), allora il calendario richiede periodici ritocchi.
È proprio perché il tempo è la transizione nelle caratteristiche di quello che si pensa che quello che per noi è il futuro (per esempio, l'anno 2000) sarà il passato per quelli che vivranno nel 2001 e oltre. Come per noi è "passato" quello che era "futuro" per le precedenti generazioni. 

 

Tempo non percepito

 

Se il passare del tempo è basato sul cambiare della natura dei pensieri dell'Io, non ci può essere tempo se non ci sono pensieri. In tal caso si crea una discrepanza tra il tempo della nostra mente e, per esempio, il moto della terra. Se si dorme a lungo, si è sorpresi che (quando ci si sveglia) sia "già" giorno. Ma anche a cose normali, quando ci si sveglia bisogna guardare l'orologio per sapere quanto abbiamo dormito. Se abbiamo dormito per due notti e due giorni di seguito non sapremo mai che si è dormito due notti (invece di una) anche guardando l'orologio, a meno che non ci siano altri punti di riferimento come la data sull'orologio (se giusta) o sul giornale (se non è quello del giorno prima). Un paziente che si risvegli dal coma non sa se è passato un giorno, o un mese o un anno o più. Sappiamo che le cose continuano anche quando si dorme (per esempio, la terra gira, la digestione continua, il cuore batte), ma questo continuare non può essere definito "tempo" in senso oggettivo. Sappiamo che le cose continuano mentre si dorme (come si può facilmente verificare in caso d'insonnia), ma questa è ancora una nostra nozione mentale. Per evitare vuoti nella nostra contabilità del tempo, si introduce nella mente la nozione di un periodo di tempo uguale a quello che si è dormito. Quel periodo non è esistito per noi che non ne abbiamo avuto coscienza, né per la terra o per l'intestino o per il cuore esattamente per la stessa ragione.
Il periodo di sonno esiste solo come un pensiero istantaneo che si ha quando ci si sveglia (e si è coscienti di nuovo). Un pensiero che definisce e misura il tempo passato come ogni altro avvenimento passato (per esempio: "Ieri notte ho dormito otto ore" e "Sono stato a Viareggio per un mese"). Quando ci si sveglia, si deduce da vari segnali che il tempo di cui non abbiamo avuto coscienza deve essere passato lo stesso. Il tempo passato dormendo è un pensiero della nostra mente quando è sveglia ed esiste solo lì. Infatti, se la mente non è cosciente di aver dormito per otto ore, quel tempo non esiste a meno che venga dimostrato, come può venire dimostrata l'esistenza di un satellite di Giove. Se la mente non si sveglia dal sonno perché la vita è cessata, per quella mente il tempo speso dormendo non esisterà mai. Né il tempo in generale esisterà più. 

 

Invecchiamento, tempo e genetica

 

Si può obiettare che se uno si addormenta quando ha dieci anni e si sveglia quando ne ha novanta è certamente invecchiato. Ed infatti invecchia ogni giorno per chi lo cura (e pensa il futuro, presente e passato), ma per quanto riguarda il soggetto il tempo non passa per nulla: se si sveglia, non ha la più pallida idea di quanto ha dormito a meno che non glielo dicano. E se glielo dicono, si tratta non tanto del tempo quanto di una nozione che riguarda il tempo, come un'altra può riguardare quello che è successo ad una casetta che uno possieda in montagna. In tal caso, 80 anni di sonno diventano il pensiero acquisito in un attimo. La realizzazione che il suo corpo è invecchiato dice al paziente che ha dormito a lungo, ma anche questa realizzazione non è che un pensiero acquisito in un momento. Un pensiero che non cambia caratteristica se il sonno è durato 10, 20, 30, 40 o 50 anni. L'invecchiamento è una misura approssimativa del passare del tempo (c'è chi invecchia precocemente o il contrario), ma non è dovuto al passare del tempo (cioè ad una nozione mentale) ma alla genetica. Infatti, l'invecchiamento può prendere solo ore per alcune specie di insetti e certamente varia notevolmente da specie a specie. Semmai è il contrario: l'invecchiamento ci dice che un dato organismo deve aver vissuto un certo periodo di tempo, se sappiamo quale è la normale durata della vita di quella specie. Ma se non sappiamo la durata della vita di una specie, l'invecchiamento non ci dice nulla su quanto a lungo quell'organismo ha vissuto. 

 

Variabilità nel fluire del tempo

 

Ma anche quando si è svegli non c'è una continua e uniforme coscienza del tempo. In altre parole, non è che continuamente si classifichino le cose sulla base dell'anticipazione, della percezione e del ricordo. Né facciamo scattare un segnale mentale ogni secondo per tener conto della successione della nostra attività mentale. Se la mente non è attivamente impiegata da stimoli esterni è più facile che il tempo passi più lentamente.
È per questo che in una situazione monotona (stimoli che non variano), il tempo non passa mai. Le immagini nel cervello sono "costanti": non ci sono anticipazioni e quello che si percepisce è troppo simile a quello che si è percepito. Cioè, manca un trasferimento tangibile dall'anticipazione (che non si verifica nella situazione monotona) alla percezione e da questa al ricordo. Poiché la percezione è costante, non c'è coscienza di un flusso tra cose desiderate, cose percepite e cose immagazzinate nella memoria. È forse questa la base della noia dei lavori di routine (come per alcuni burocrati, per quanto naturalmente non tutti). Se c'è un'anticipazione è quella di andare a casa alla fine della giornata di lavoro e questa anticipazione (che mai sembra realizzarsi) rende ancora più lento il fluire del tempo nella mente.
Al contrario, se la mente è attivamente occupata da un continuo flusso di vivaci e piacevoli stimoli esterni semplicemente "vive" (cioè è occupata da un flusso di sensazioni, non di riflessioni) e "dimentica il tempo" (cioè non è cosciente del variare delle caratteristiche dei propri pensieri). Le percezioni piacevoli del momento occupano completamente la mente: tra una risata e l'altra, non c'è né posto né interesse per il pensare. La coscienza del passato o delle anticipazioni è sospesa. Non ci importa né del passato né del futuro (né di quello che ci preoccupa normalmente). Come conseguenza, nel divertimento e nell'euforia di un ballo in maschera (specialmente se si beve dell'ottimo spumante), guardando l'orologio tanti si chiedono: "Come è possibile che siano già le tre del mattino?".
Ma anche se la mente è concentrata nei propri pensieri, la coscienza del tempo è sospesa. Non ci si percepisce quando si è assorbiti nel pensare. La coscienza del tempo riprende quando stimoli dall'esterno sono percepiti ("È già notte") o i pensieri assumono di nuovo le caratteristiche temporali (per esempio, anticipazione: "Sarà meglio che vada a cenare"). Questo vuol dire che quando la coscienza del tempo è sospesa, necessariamente il tempo ha dei "vuoti" assoluti. Queste interruzioni del tempo possono essere dedotte da indizi indiretti. Allora vengono percepite come interruzioni (che è quello che si percepisce del tempo non percepito) dalla mente ora cosciente del tempo. Se invece le interruzioni non sono percepite per nulla, allora sono perse per sempre. Pertanto, il tempo, essendo un fenomeno mentale, esiste quando ne esiste la coscienza, diretta (percezione) o indiretta (deduzione da altri indizi). 

 

Caratteristiche del tempo

 

Poiché il tempo è il susseguirsi dei pensieri ed è il frutto della mente umana, le qualità che si attribuiscono al tempo (lungo o corto) sono in relazione alle nostre strutture. Si è d'accordo che un secolo è un tempo lungo perché la vita dell'uomo in genere dura di meno. Si dice che una tartaruga è lenta perché le occorre più tempo che a noi per percorrere una certa distanza. O che una lepre è veloce per l'opposta ragione. Se (come conseguenza di qualche scoperta) la vita umana si prolungasse a 1000 anni, la nostra concezione del tempo (lungo o corto) ne sarebbe profondamente modificata.
 

Stato mentale e tempo

 

Inoltre, il tempo dipende dal nostro stato mentale. Poiché il tempo è un fenomeno mentale, è influenzato da quello che influenza la funzione della mente. Se si aspetta intensamente qualcosa che ci preme (come rivedere una persona cara dopo mesi di assenza), il tempo non passa mai e guardando l'orologio si è sorpresi che le lancette si muovano così lentamente. Questo perché si desidera intensamente (e impazientemente) di vedere l'anticipazione trasformarsi in percezione. Se si teme intensamente una prova, da una parte sembra che il tempo non passi mai e dall'altra che passi inesorabilmente (al punto di temere il passare del tempo di per sé). Se uno è felice o si diverte non sta certo a contare i minuti. Quindi, lo stato mentale influenza il tempo come lo percepiamo.

 

Mancanza di significato del tempo fuori della mente

 

Dicendo che il tempo è un fenomeno mentale non si nega che ci sia uno svolgersi delle cose nello spazio e che questo svolgersi prenda un tempo definito (definito da noi) anche quando non ce ne rendiamo conto nella nostra mente. Infatti, la terra gira intorno al sole e noi sappiamo misurare obiettivamente sia le distanze percorse sia il numero di giorni impiegati per un ciclo completo. Sappiamo da prove scientifiche che la terra gira anche se dormiamo, ma dal punto di vista del tempo girerebbe invano se il movimento non venisse percepito, misurato e tradotto in pensieri con differenti caratteristiche.
Se non vi fosse la mente umana e la sua transitorietà, che significato avrebbero i giorni, i mesi, gli anni o i secoli? Per chi? Che significato ha il primo dell'anno su Marte? Che significato avrebbero il passato, presente e futuro senza il punto di riferimento dell'Io? La terra girerebbe per nulla e per nessuno, con l'unica eccezione di Dio. Ma soprattutto girerebbe al di fuori del tempo. Solo noi, con tutte le nostre limitazioni e difetti, introduciamo il tempo su questa terra in quanto siamo razionali e mortali, noi i testimoni di Dio.

 

Mario Vassalle
(Filosofo, aforista, poeta)

 

New York (USA), 2 Febbraio 1991

 

IL SAGGIO VIENE QUI PUBBLICATO PER GENTILE CONCESSIONE DELL’AUTORE.
È SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O PUBBLICARE IL SAGGIO SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

Immagine pubblicata a fini esclusivamente culturali e non commerciali da:
lospecchiodelpensiero.files.wordpress.com/2013/04/orologiotto.jpg

 

 

 

 

Chi è l’Autore…

 

Mario Vassalle è nato a Viareggio sì è laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Pisa, dove ha anche ottenuto la specializzazione in Cardiologia. Nel 1958 si è trasferito negli Stati Uniti dove ben presto il suo interesse per la ricerca scientifica lo ha spinto a dedicarsi a tempo pieno allo studio sperimentale dei meccanismi che fanno battere il cuore in condizioni normali e patologiche.
Dopo un periodo di addestramento in laboratori di fisiologia cardiaca presso università negli Stati Uniti e in Svizzera, è ritornato alla State University of New York, a New York, nel 1964. Professore di Fisiologia dal 1971, ora Professore Emerito di Fisiologia e Farmacologia presso la stessa Università.
A tutt’oggi, ha curato quattro libri, ha pubblicato cinquantasei rassegne, 177 lavori originali e 165 comunicazioni a congressi scientifici. È molto noto nel campo dell’elettrofisiologia cardiaca.
Oltre alla sua attività scientifica e didattica, ha perseguito interessi letterari e filosofici che estendono la sua ricerca dalla funzione del corpo ai problemi dello spirito. Ne fanno testimonianza cinque libri di poesie, cinque libri di aforismi e i due libri di saggi filosofici finora pubblicati.
Nei suoi aforismi e saggi filosofici, l’interesse è concentrato nei meccanismi che regolano la funzione della mente e sono un’estensione del metodo scientifico all’analisi della mente con lo scopo di aumentarne la comprensione. Gli aforismi in ordine sparso e i saggi filosofici in maniera più sistematica indagano la realtà umana e ne cercano i significati reconditi. Se vivere è importante, sembrerebbe che dovesse essere importante anche la comprensione di quello che si vive. La sua silloge di aforismi Sprazzi ha vinto il Premio internazionale per l’aforisma “Torino in Sintesi” (2009) nella sezione “Autori all’estero”.

 

1 Saggio sul TEMPO, da Diario di un Fisiologo del Cuore di Mario Vassalle, pubblicato dall’Autore, New York (USA), 1992.
2 FILOS. Che percepisce: soggetto p.


Live Support