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Pro Letteratura e Cultura

Uscito in seconda edizione, «Belinda Victoria», romanzo di Daniela Bigottà

12 Settembre 2012, 21:22pm

Pubblicato da Emanuele Marcuccio

 

Comunicato Stampa

 

 

 

Tra cielo e terra

Nell'ambito del dilagare di tante saghe costruite intorno ad universi di pura fantasia, ci si sentirebbe tentati di ascrivere anche il romanzo della Bigottà al genere 'fantasy'. Eppure, leggendo le sue pagine, ci si accorge che, fra dialoghi spiritosi e bizzarri accadimenti, l'autrice non perde di vista il rigore proprio di chi non vuole solo 'raccontare, bensì di chi vuole 'fare letteratura'. Animali parlanti, talismani e fate evanescenti ci ricordano che quell'universo ci è familiare e che va a risvegliare una memoria culturale collettiva ed atavica, dove la componente fantastica si sovrappone al realismo di un'ambientazione comunale-borghese. In questo è la dimensione 'letteraria' del libro, che prosegue idealmente quella tradizione tipicamente italiana (nata coi novellieri del '500), di impreziosire con una veste colta e di rigore stilistico il coacervo di temi e moduli propri della narrativa fiabesca e popolare. Non soltanto i temi trattati (quello della bambina che cresce in una famiglia non propria è tipico della fiaba popolare), ma anche il tempo storico della narrazione, collocabile in un passato più o meno remoto, e la collocazione geografica (che, dai nomi dei personaggi al paesaggio, riconduce a certi Paesi dell'Est Europeo), contribuiscono a conferire una ricercata e consapevole architettura stilistica dell'opera.  Pierpaolo Lupo

 

 

 

 

Scheda del libro

 

 

Titolo: Belinda Victoria

Sottotitolo: Tra cielo e terra

ISBN: 9788891024602

Editore: ilmiolibro.it

Edizione: 2a

Anno pubblicazione: 2012

Formato: 15x23

Pagine: 406

Prezzo: 16,00 € 

Link diretto alla vendita

 

 

Una bellissima lettura, davvero trascinante e coinvolgente, i miei complimenti, davvero una brava affabulatrice.
Ho notato anche della prosa poetica, specialmente in questo passo: «Quella notte i sogni di ognuno s’infilarono in crepe e pertugi e dilagarono nel chiarore della luna spingendosi sempre più in alto, finché sottrassero gocce turchine al firmamento e vi staccarono manciate di stelle certi che, essendo invisibili, la popolazione del cielo non potesse sorprenderli».

Emanuele Marcuccio commenta il primo capitolo


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