“Il rametto di mirto”, racconto breve di Lucia Bonanni – Contest Letterario online Grazia Deledda 150 – PLC
Contest Letterario online Grazia Deledda 150 – PLC
(Racconto breve)
Il rametto di mirto
Lucia Bonanni
“Faccio da sola. Non vi preoccupate. Penso io a pulire il pavimento”. Il calamaio era andato in mille pezzi e sull’impiantito erano rimaste piccole gore d’inchiostro. Secondo i costumi dell’epoca l’istruzione femminile non superava la quinta elementare, ma per lei, che apparteneva ad una famiglia agiata, non era stato difficile poter proseguire gli studi. In paese era l’unica abitante, e l’unica donna, ad aver conseguito un titolo accademico e adesso la sua pergamena, incorniciata con legno di pregio e con tanto di firma del rettore, stava in bella mostra sulla parete dietro la scrivania. Alene[1], giovane donna assai donosa[2], era nata nella zona del nuorese e fin da piccola aveva mostrato una grande passione per le Lettere. Nell’età dell’adolescenza aveva iniziato la collaborazione con alcuni giornali e via via era riuscita a scrivere anche bellissimi romanzi.
All’apice della carriera letteraria aveva incontrato Efis[3], uno dei figli di Ziu Pedru[4], possidente di una tanca[5] e di un armento che, aiutato dai figli, pascolava per proprio conto alle falde di monti impervi. Efis, giovane uomo sulla quarantina, a differenza di suo fratello Alessi[6], si mostrava sempre ispassiosu[7], scanzonato e imprevedibile. L’estate splendeva sulle arse campagne, sulle ginestre, gialle di sole e in paese già fervevano i preparativi per la festa del santo patrono. Fu durante la processione religiosa che Efis e Alene si videro per la prima volta. Altre occasioni seguirono di sguardi furtivi e parole non dette. E una sera, mentre gli anziani della famiglia stavano sotto il portico a ragionare con gli ospiti e Alene sedeva sugli scalini della porta che dava sugli orti, Efis si presentò a lei con un rametto di mirto. Il mirto sardo, sa murta in dialetto, è un cespuglio rustico della macchia mediterranea, sinonimo di fecondità, vitalità e felici nozze, è presente nei bouquet delle spose e nel banchetto nuziale gli sposi ne indossano una corona in segno di felicità.
Ardito era stato il comportamento di Efis, di trepidante sorpresa quello di Alene. Stelle di madreperla punteggiavano la notte e l’odore del basilico, intrecciato con quello dell’edera, si spandeva nell’aria. Da sempre avvezzo a disarmanti corteggiamenti, l’uomo non esitò a dichiararsi alla ragazza che, del tutto frastornata, si lasciò andare al peccato. Più volte si ripeterono quei conciliaboli d’amore, fino a quando non furono visti e Paulu[8], il bàbbu[9] di Alene, non si oppose a quell’unione. Fu così che i due amanti si diedero convegno per l’ora di mezzanotte nei pressi del ponte che univa le ripe aride del torrente. Approfittando del buio, Alene prese a scendere per la viottola fuori dall’abitato, accompagnata dalle ombre che si allungavano sullo sterrato sassoso. Una volta che fu sulla strada, andò a nascondersi dietro un masso sporgente. Aveva paura, molta paura ma Efis quasi la obbligò a salire sul calesse e in poco tempo raggiunsero il luogo dove iniziava la salita per le montagne. Con la complicità di alcuni amici, poterono nascondere la vettura e ricevere la bisaccia con le provviste. Era già quasi l’alba quando il tintinnio dei campanacci del gregge al pascolo fu percepito più chiaro e distinto e da lì a poco furono prossimi anche alle concheddas[10]. All’interno di un antro tenebroso qualcuno aveva già acceso il fuoco e fatto trovare coperte e panni di ricambio.
Trascorsi pochi giorni, Efis disse che al tramonto sarebbe sceso in paese per avere notizie e prendere dell’altro cibo. Le ore si alternarono in danze fumose e il ritorno dell’uomo appariva sempre più lontano. Si era spento anche il fuoco e la giovane, tremante di freddo e paura, piangeva e pregava, baciava il pavimento e con preghiere chiedeva di poter espiare la pena per l’errore commesso. La trovarono rannicchiata in un angolo della grotta con le mani che stringevano il rametto di mirto e la corona con i piccoli grani di ginepro. Alessi le era accanto e le diceva imperiture promesse d’amore.
Lucia Bonanni
Il presente post con racconto breve di Lucia Bonanni, si inserisce all’interno dell’iniziativa lanciata da questo blog denominata “Contest Letterario online Grazia Deledda 150 – PLC” il 18 dicembre 2021 dopo l’adesione del curatore del blog Emanuele Marcuccio al comitato celebrativo dei 150 anni dalla nascita di Grazia Deledda, costituito dalla Enciclopedia poetica online “WikiPoesia” il 10 dicembre 2021. È possibile trovare tutte le informazioni per partecipare al contest letterario dedicato a Grazia Deledda con scadenza fissata al 10-12-2022, andando sul blog a questo link.
Racconto breve e foto a corredo pubblicati su autorizzazione dell’autrice Lucia Bonanni che ha dichiarato, sotto la propria responsabilità, di essere proprietaria dei diritti sugli stessi e che la pubblicazione su questo blog è consentita dietro la propria autorizzazione. La pubblicazione – in forma integrale o di stralci – senza corretta attribuzione non è consentita, in assenza del permesso dell’autrice.