“Natura! Mistico, reminiscenziale e sanguinoso Universo. Giaccani, Scataglini, Al Bano e Pino Daniele”, saggio di Stefano Bardi
Natura! Mistico, reminiscenziale e sanguinoso Universo
Giaccani, Scataglini, Al Bano e Pino Daniele
A cura di Stefano Bardi
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Introduzione
Viaggio poetico che si immerge nel mondo mistico, filosofico e reminiscenziale sulla Natura con un’analisi sui poeti anconetani Giancarlo Giaccani, Franco Scataglini e sui cantautori Albano Carrisi e Pino Daniele che declamano la Natura nei suoi vari aspetti, come fonte battesimale, cosmo interiore, universo francescano e oscuro mondo mutante ragazzi, ragazze e bambini in spietati camorristi.
Natura! Mistico universo leopardiano, come una tirannica Madre schiavizzante i suoi terreni figli mutandoli in creature spiritualmente vacue, emotivamente cadaveriche, carnalmente sanguinanti e come Cosmo verghiano-bianciardiano, in cui i contadini sono eterni spettri terreni condannati allo sputare sangue, consumare lacrime e subire ogni tipo di vessazione da parte di ideologie manifatturiero-industriali, imprenditoriali e bancarie per costruire un degno futuro per la propria progenie. Universo mezzadro questo, anche, come un alchemico mondo pascoliano musicato con balsamici risi e meccanici rumori lavorativi agrario-mezzadrili, ma in particolar modo come un Mondo in cui il trattamento del podere simboleggia il circolo Vita-Morte di uomini e donne, nell’ultimo ed eterno riposo psico-carnale.
Universi questi fin qui descritti, che sono racchiusi nella raccolta La pimpinella, la gramaccia del maestro elementare e poeta Giancarlo Giaccani nato a Marina di Montemarciano nel 1951[1], dove tutt’ora vive. Opera, dedicata alla campagna senigalliese e divisa in sei sezioni: “Pimpinella e gramaccia”, “Relitti diversi”, “Satira”, “La natura delle cose”, “L’assedio” e “Città moribonda”. Campagna senigalliese in chiave metafisica nella prima sezione, come afosa via esistenziale ormai estranea agli sguardi del poeta, seppure ancora ubriacata da verginee fragranze erbacee e battezzata da timidi terreni agricoli eticamente puerili. Campagna senigalliese più nel dettaglio, come una crucciata Madre dalla silenziosa voce melodicamente assordante, soffocante, condannante ed esistenzialmente imprigionante i terreni figli in elisi campi coccolati da acherontiche cetre mutanti i loro emotivi pellegrinaggi e le loro burrasche spirituali, in brumose schegge esistenziali eternamente incarcerate nello Stige. Schegge, queste, che nella seconda sezione sono rappresentate come specchi riflettenti, maciullate carni spirituali distrutte da mortali grandinate mutanti gli attimi esistenziali, in inestirpabili e immortali gramaccie. Energie oscure, le gramaccie, come esistenze colme di errabondi passi consumati su polverose, sanguinose, pungenti imbrecciate conducenti ad ambigue oceanicità e calcarei campi di grano ciecamente infettati che ardono stillanti gocce sanguigne paterne, in quanto colme di selvagge e ribelli adolescenzialità figliali ormai incomprensibili, per i loro oceanici e balsamici sguardi paradisiaco-elisiaci. Sguardi, quelli paterni, ormai ciechi nel riconoscere arcaiche amicizie emarginate dalla Vita medesima e nel consumare luminose elisiacità perché soffocati da gelide carezze, ma in particolar modo paurosamente lanciati su vicoli e angiporti animati da intimi affetti, per i loro cuori emotivamente vacui ed eticamente estranei. Vicoli cimiterialmente corvini, questi, in cui ci sfiorano amicizie e intime fragranze ormai inavvicinabili perché dissanguate da laceranti silenzi spirituali, ovvero manichini giostrati da matematiche ombre robotico-cibernetiche. Vicoli infine illuminati nella terza sezione da esistenze febbrilmente e timorosamente imprigionate in passi socialmente burrascosi, che conducono mano nella mano reminiscenziali nostalgie puerili in profanati mari e assordanti stazioni ferroviarie, ovvero trasportano carni cadavericamente ammassate una sull’altra come se fossero un piccolo mare affettivo affogante senili frontiere socio-esistenziali. Campagna che lascia il posto al mare nella quarta sezione, come un iracondo padre dalla arrochita voce che asfissia balsamiche bocche adolescenziali, inghiotte leggiadre nostalgie socio-puerili e partorisce vite confusamente caotiche eticamente. Voce iraconda e balsamica allo stesso tempo, che purifica fangose brume impastate come il pane, fotografa puerili schegge gioiosamente consumate ed emoziona altri cuori paternamente malinconici con neniose filastrocche odoranti di tempeste, naufragi e mieli. Filastrocche più nel dettaglio, che rischiarano malinconici cuori genitoriali rispecchiando la loro insensibile e lacrimante faccia lunare, in quanto spettrale ombra errabonda in abbandonate e cadaveriche stazioni ferroviarie. Elementi naturali, la campagna e il mare, che sono bombardati nella quinta sezione da rumori meccanico-urbani e cantieristico-industriali inquinanti l’aria, ma in particolar modo soffocanti mezzadre esistenze faunistiche per sostituirle con ferree, meccaniche, elettroniche e chimiche esistenze animate da etiche vacuità. Esistenze, queste, che nella sesta e ultima sezione mutano le campagne in blasfemi paesaggi architettonici inemotivi e i contadini in oscure creature dagli insignificanti passi, dagli oceanici sguardi infettati e dalle rumorose voci offensive, che inquinano reminiscenziali nostalgie schiaffeggiate.
Opera poetica, quella di Giancarlo Giaccani, in cui fanno eco la terra e il mare del poeta Franco Scataglini (Ancona, 1930 – Numana, 1994)[2] poetizzati nelle raccolte neodialettali E per un frutto piace tutto un orto (1968 – 1972) del 1973 e So’ rimaso la spina (1973 – 1977) del 1977. Opera, quella del 1973, in cui l’orto si trasforma in un giardino interiore popolato da mute ombre femminili dalle umide sembianze che si trasformano in avidi coltelli affilati laceranti le carni del poeta anconetano, come vecchi chiodi arrugginiti ferenti senili muri reminiscenziali. Annebbiate ombre, queste, che conducono il poeta in antiche mura sanguinosamente lacrimanti disperazioni e ansie, in quanto solo all’interno di silenziosi giardini interiori ritrova se stesso. Giardini in cui lo sguardo e il sorriso di Dio rianimano decrepite nature carnalmente morte e riflettono angeliche ombre femminili, ovvero luminose energie ultraterrene con tentatrici carni, tormentate eroticità e apollinee chiome mutanti nostalgiche riminiscenzialità in amari sassi corrosi dalla salsedine marina. Maghe, angeli e vampiri le donne scatagliniane che suicidano il poeta su un muro spirituale, ovvero un universo animato da avide, ignoranti e mortali eticità corrompenti deboli animi, spiriti e terreni cuori. Opera, quella del 1977, in cui il mare è concepito come un universo animato da putride e blasfeme infezioni etiche emarginanti urla esistenziali nell’insignificante aria astrale. Infezioni, qui poetizzate, che rimembrano focose eroticità come la rossa carne del tonno e riflettenti balsamiche interiorità arboree, ma in particolar modo immergenti nostalgiche reminiscenze in oceani intimo-affettivi. Abissi intimo-affettivi infine, come amori mutanti terreni cadaverici in cimiteriali spine sanguinanti innocenti, amare e putride lacrime.
Poesia naturale, quella di Giancarlo Giaccani e Franco Scataglini, ancora oggi portata avanti sotto vari aspetti da due grandi artisti musicali italiani, ovvero Albano Carrisi nato a Cellino San Marco nel 1943[3] e Pino Daniele (Napoli, 1955-Roma, 2015)[4]. Cantautore, attore, scrittore, poeta e vinicoltore Albano Carrisi, con canzoni dedicate alla terra come “È la mia vita”, “Un sasso nel cuore”, “Il pianto degli ulivi” e al mare come “Notte a Cerano” e “Sharazan”. Canzone “È la mia vita” tratta dall’album Emozionale, in cui la campagna brindisino-cellinese è concepita, come uno specchio riflettente le proprie ansie e le proprie lacrime schiaffeggiate da umidi venti insensibili ferenti il suo animo salentino colmo di intensi soli apollinei. Lacrime e ansie, mutatesi nel tempo, in un inscalfibile sasso spirituale riflettente l’ombra della figlia Ylenia Carrisi come un lacerante dolore etico, spirituale e religioso mutante ancora oggi il paese natale Cellino San Marco in un paese a lui estraneo perché animato da inemotive e velenose frasi, ma in particolar modo mutante il suo spirito in una maschera meccanicamente inespressiva, come ci mostra la canzone “Un sasso nel cuore” sempre dello stesso album. Lacrime e ricordi genitoriali allo stesso tempo, come mostratoci dalla canzone “Il pianto degli ulivi” tratta dall’album Atto I, in cui la vita del secolare ulivo salentino simboleggia la mezzadrile esistenza compiuta dai genitori Carmelo Carrisi e Jolanda Ottino, ovvero una vita fatta di soffocanti sudori estivi, estenuanti accudimenti casalinghi, verginee puerilità, ardenti giardini esistenziali e lacrimanti notti etico-spirituali profumate da dolci fragranze dal sapore di pane fresco. Canzone “Notte a cerano” tratta dall’album Libertà!, in cui il mare brindisino bagnante la contrada di Cerano una volta animato da melodici voli di gabbiani e spensierati risi innamorati, è ora infettato da baci chimico-industriali e termoelettrici soffocanti battesimali venti marittimi, brucianti secolari esistenze mezzadrili, demolenti nostalgiche puerilità e imprigionante spirituali reminiscenze in carni politicamente corrotte. Infezioni, mortalità e corruzioni che devono essere purificate in un chimerico universo dove il mare è un immenso Paradiso animato da libertà intellettuali, cuori sognanti, sguardi apollinei penetranti e amori ardentemente affini carnalmente, come cantato insieme a Romina Power[5] in “Sharazan” tratta dall’album Felicità. Natura carrisiana, quella fin qui analizzata, in cui è possibile intravedere il concetto francescano della Natura come balsamo purificatorio-espiativo dei propri dolori e contemplazione verso Dio, per avvicinarci spiritualmente a Lui e conquistare la beatitudine del suo volto durante l’eterno riposo.
Terra oscura, sanguinante e criminale infine quella cantata da Pino Daniele in “Terra mia” tratta dall’album omonimo, in cui Napoli e Casal di Principe sono dipinte come luoghi oscuri, degradati, infettati e violentati da giovani ragazzi camorristi con infiniti fiumi di sangue attraverso la stesa[6], poiché eticamente e spiritualmente infettati da oscure ombre criminali dedite a violenze, sangue, morti, prepotenze e fratricidi. Animi e cuori, quelli dei giovani camorristi, come ci mostra il cantautore napoletano, che devono essere curati attraverso la Cultura, l’Arte, la Fratellanza e la Compassione, ma in particolar modo attraverso la cultura e la conoscenza della Morte biblico-evangelica purificante i cuori dai dolori carnali e dalle lacrime spirituali, per far rinascere i puerili figli camorristicamente infettati come moderni Apostoli, Profeti ed Evangelisti dediti all’amore, alla compassione e alla pace nel Mondo, come mostra anche la canzone “Napule è” tratta sempre dallo stesso album.
Stefano Bardi
Bibliografia di Riferimento:
CARRISI ALBANO, Con la musica nel cuore, Mondadori, Milano, 2008.
CARRISI ALBANO, Io ci credo. Perché con la fede non mi sono arreso mai, Piemme, Segrate, 2012.
CARRISI ALBANO, È la mia vita, Mondadori, Milano, 2015.
GIACCANI GIANCARLO, La pimpinella, la gramaccia, L’Obliquo, Rimini, 2002.
SAN FRANCESCO D’ASSISI, Cantico delle creature, SATE, Ferrara, 1992.
SCATAGLINI FRANCO, E per un frutto piace tutto un orto (1968-1972), L’Astrogallo, Ancona, 1973.
SCATAGLINI FRANCO, So’ rimaso la spina (1973-1977), L’Astrogallo, Ancona, 1977.
SCATAGLINI FRANCO, Rimario agontano (1968-1986), Scheiwiller, Milano, 1987.
SURDICH LUIGI, Il Duecento e il Trecento, Il Mulino, Bologna, 2005.
Discografia di Riferimento:
CARRISI ALBANO-POWER ROMINA, Atto I, Libra, 1975.
CARRISI ALBANO-POWER ROMINA, Felicità, Baby Records, Milano, 1982.
CARRISI ALBANO-POWER ROMINA, Libertà!, Warner Music Group, New York, 1987.
CARRISI ALBANO-POWER ROMINA, Emozionale, Warner Music Group, New York, 1995.
DANIELE PINO, Terra mia, EMI Italiana, Milano, 1977.
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[1] Giancarlo Giaccani, maestro elementare e poeta nato a Marina di Montemarciano nel 1951, dove tutt’ora vive. È stato insegnante di Italiano e Storia nelle scuole di Chiaravalle, Falconara Marittima e Senigallia fino al 1985 per poi insegnare oltre un decennio Poesia all’UNITRE di Montemarciano. Ha pubblicato per la poesia Il combinato disposto, 1991, L’euforia materialista, Publifest, Senigallia, 1995, Per aspera, 1998 e La pimpinella, la gramaccia, L’Obliquo, Rimini, 2002.
[2] Franco Scataglini, it.wikipedia.org/wiki/Franco_Scataglini, “Wikipedia”, 2021.
[3] Albano Carrisi, it.wikipedia.org/wiki/Al_Bano, “Wikipedia”, 2021.
[4] Pino Daniele, it.wikipedia.org/wiki/Pino_Daniele, “Wikipedia”, 2021.
[5] Romina Power, it.wikipedia.org/wiki/Romina_Power, “Wikipedia”, 2021.
[6] Stesa, treccani.it/vocabolario/stesa_res-4e9df86c-89ed-11e8-a7cb-00271042e8d9_%28Neologismi%29/, “Treccani.it”, Roma; Lara Tomasetta, Spari all’impazzata per dire “questo territorio è mio”: ecco cosa sono le “stese” che stanno terrorizzando Napoli, tpi.it/news/stese-napoli-camorra-cosa-sono-20180912168341/, “The Post Internazionale”, Roma, 12-13 settembre 2018; Andrea Chiara Grillo, ‘A Stesa: cosa significa e perché si chiama così, vesuviolive.it/ultime-notizie/148335-stesa-cosa-significa-perche-si-chiama-cosi/, “Vesuvio Live”, Torre del Greco, 20 giugno 2016.