“27 gennaio 1945 – 2021. Auschwitz e i suoi figli”, saggio di Stefano Bardi - Parte prima
27 gennaio 1945 – 2021
Auschwitz e i suoi Figli
Parte Prima
A cura di Stefano Bardi
/image%2F0090615%2F20210212%2Fob_bbad76_auschwitz-1.jpg)
Introduzione
27 gennaio 1945: una data da ricordare ogni giorno, per non dimenticare, emarginare, uccidere e soffocare gli orrori nazisti perpetrati nel passato. Orrori da me ricordati in due parti che partiranno dall’esperienza concentrazionaria di Sami Modiano, per giungere in questo primo saggio ai moderni rigurgiti nazisti eredi di Auschwitz, denominati xenofobia e omotransfobia.
27 gennaio: giornata annualmente dedicata alla commemorazione dello sterminio di ebrei, lesbiche, omosessuali, politici, asociali, Testimoni di Geova e rom all’interno dei campi di concentramento di Auschwitz, Birkenau, Mauthausen, Fossoli, Macerata, Fabriano, Montemarciano, Senigallia e tanti altri. Giornata, questa, che secondo il mio umile parere oggi più che mai, a causa del Covid-19, dovrebbe essere quotidianamente commemorata, partoriente neofascismi giovanili sociali e digitali dalle emozioni fraternamente mortifere grazie anche agli incitamenti dell’estrema Destra rappresentata da Forza Nuova, CasaPound, Alba Dorata e da certe idee dell’attuale Destra parlamentare, che devono essere curate attraverso la conoscenza delle testimonianze in prima persona dei sopravvissuti ebrei, come per esempio l’opera Per questo ho vissuto. La mia vita ad Auschwitz–Birkenau e altri esili pubblicata nel 2013 e ristampata fino al 2021, del sopravvissuto Samuele Modiano, conosciuto come Sami Modiano, nato nella greca Isola di Rodi nel luglio del 1930.
Opera sotto forma di diario spirituale, che narra la tragica esperienza concentrazionaria vissuta a Birkenau dal 16 agosto 1944 in cui perse la sorella Lucia e il padre Giacobbe fino al 27 gennaio 1945 all’interno di Auschwitz dal quale si salverà durante la marcia per raggiungere quest’ultimo campo di concentramento cadendo a terra senza più energie fisiche e spirituali, per essere caricato sulle spalle da due compagni che giunti ad Auschwitz lo gettarono su una pira di cadaveri, in modo da farlo mimetizzare e confondere agli occhi dei tedeschi come uno dei morti accatastati. Gesto questo che lo salverà mutandolo al suo risveglio in un uomo libero ritrovando i suoi amici di prigionia, in una casa abbandonata nei pressi di Auschwitz. Diario intimo, in cui fermate e partenze erano già presenti nell’infanzia genitoriale di Sami perché concepite come esigenze lavorative, economiche ed esistenziali, ma in particolar modo simboleggianti l’intimo passato reminiscenziale capace di curare, purificare, ed esorcizzare i dolori spirituali sanguinosamente più lesivi. Esigenze vissute da Sami più nel dettaglio attraverso un’infanzia collegiale, comunitaria e urbana nel quartiere rodiano della Giudrìa animato, profumato, musicato, accarezzato e ubriacato da fraterne feste come attimi sociali, spirituali ed esistenziali in cui tutta la comunità rodiana era un’unica famiglia donante amore, compassione, dolcezza e fraternità verso i più bisognosi, indigenti, reietti e poveri attraverso la fraterna compassione da parte di chi aveva di più in modo che tutti i bisognosi potevano gioire riccamente durante le feste locali, ma in particolar modo attraverso la simbologia ebraico-cristiana dell’ultima cena con la divisione del pane, in modo così da rappresentare la vicinanza sociale, affettiva, etica e sanitaria fra gli ebrei rodiani andando oltre alle feste calendarizzate con momenti di amicale cordialità nelle case altrui dopo l’uscita dal tempio, per chiacchierare e degustare cibi tradizionali simboleggianti purezza, castità, luminosità e verginità spirituali. Fraternità cosi rappresentata, che si basa sul rispetto nei confronti della senilità perché allora come oggi il senile rappresenta il caposaldo delle comunità ebraiche da rispettare e omaggiare, ma in particolar modo perché è il custode terreno dei valori etici, spirituali e sociali ancora oggi tramandati di generazione in generazione, per salvaguardare il passato e obbedire alla missione del Padre Celeste. Infanzia in particolar modo quella di Sami, che si evolverà tragicamente in oscure partenze etico-sociali e antropologiche, ovvero nel preciso istante in cui le fasciste Leggi Razziali del 1938 – 1940 lo ridussero in un fantasma sociale senza diritti in quanto ebreo e senza cibo, come inutile carne da macello sacrificale, ma in particolar modo senza più calorosi affetti rinchiusi in intimi oggetti dall’inestimabile valore economico, usati come merce per mangiare e baratto lavorativo. Annullamento sociale ed esistenziale, che avrà il suo culmine con la deportazione marittimo-ferroviaria del 3 agosto 1944 verso il campo di concentramento di Birkenau rappresentante per Sami, il padre Giacobbe e la sorella Lucia l’inizio di una nuova esistenza animata da sofferenze fisiche, lacrime spirituali e ferite etiche senza mai perdere il forte senso di fraternità etica, sociale ed esistenziale durante il mortale viaggio che li ridusse a bestie puzzolenti, carni infettanti e aneliti inutili. Vita questa che sarà dolorosamente messa in pratica a Birkenau, spogliato dei vestiti, stuprato nelle intime carnalità, infettato nell’igiene corporale, scheletrizzato nella crescita alimentare e umanamente demonizzato, ma in particolar modo cadaverizzato nei suoi intimi affetti rappresentanti la resistenza etica, sociale, spirituale ed esistenziale di Sami fino alla fine dell’incubo concentrazionario avvenuto il 27 gennaio 1945.
Pace concentrazionaria, quella di Sami, che dal 1945 in poi durerà brevemente fino al suo arrivo nel Congo belga (attuale Repubblica Democratica del Congo), poiché nella sua nuova casa rivivrà in chiave post concentrazionaria gli orrori nazisti causati dalla guerra civile, che si concluderà nel 1965 con la vittoria di Mobutu Sese Seko (1930 – 1997). Dittatura militare, quella di Mobutu, che può essere concepita come una visione africana del Nazismo in quanto salvaguardò la purezza della razza africana perseguitando gli occidentali deturpandoli economicamente, lavorativamente e intimamente per ridurli all’occorrenza in sottomessi schiavi personali del dittatore africano, come lo furono gli ebrei per i nazisti concentrazionari. Dittatura e rinascita – secondo la dittatoriale ideologia di Mobutu – che doveva passare attraverso la violazione dei diritti umani obbligando il suo stesso popolo a cancellare dai documenti i nomi occidentali sostituendoli con nomi africani, nel sostituire gli abiti occidentali con la giacca abacost e nel punire il cristianesimo con l’ergastolo, ma in particolar modo costruendosi un personalissimo culto pari a quello di Adolf Hitler che lo mostrava agli occhi dei congolesi come Dio sceso sulla Terra per guidare il suo popolo alla piena libertà antioccidentale, come fecero i dittatori militari Jean-Bedel Bokassa e Idi Amin Dada Oumee. Orrori questi dai quali Sami fuggì negli anni Duemila, per ritornare in Italia, che avviarono un lungo silenzio degli orrori vissuti a Birkenau e Auschwitz. Silenzio che fu rotto il 10 ottobre 2005 con il viaggio scolastico e istituzionale verso Auschwitz, per affrontare le intime ferite procurategli e divulgare alle nuove generazioni gli orrori del passato come moniti per il presente. Un viaggio e un ricordo del passato, che ancora oggi Sami compie in prima persona insieme a tanti studenti, per ricordare e omaggiare i suoi intimi affetti insieme a tutti gli altri ebrei dileguatesi nel vento dalle camere a gas, che li hanno uccisi carnalmente e trasformati allo stesso tempo in eterni ricordi.
Parole quelle di Sami Modiano come reminiscenziali ferite del passato e monito per le nuove generazioni, come detto poc’anzi, affinché sappiano riconoscere e lottare contro i moderni rigurgiti concentrazionari denominati xenofobia e omotransfobia. Xenofobia in quanto paura dello sconosciuto, rappresentato dallo straniero come nemico, invasore e carne da macello, senza rendersi conto di una cosa di vitale importanza insegnataci dal poeta vernacolare jesino Marco Bordini nella sua opera omnia Jesi ieri, ovvero che i migranti fuggenti dalle loro case annegate dal sangue e soffocate dalle lacrime, non sono solo delinquenti, pedofili, assassini, terroristi, spacciatori e stupratori, ma anche e soprattutto nostri fratelli che chiedono una coperta per scaldarsi, un pezzo di pane per sfamarsi, una carezza per risorgere e un viso sul quale asciugare le strazianti lacrime, per lottare come un’unica Famiglia in nome di una società basata sulla libertà, sull’uguaglianza e sulla fratellanza.
Omotransfobia infine ancora oggi vista – purtroppo – come una malattia in special modo in Puglia[1], poiché ancora oggi totalmente legata alla figura del contadino come uomo che si fa da solo e al quale compete il fabbisogno sociale, economico, sanitario, morale e lavorativo della sua famiglia. Visione rurale in cui l’omosessualità e la transessualità sono viste da molti giovani come malattie, ma, ci sono giovani che scavalcano questa concezione trasferendosi nelle medie e grandi città italiane come Roma, Napoli, Torino, Ancona, Macerata, Pesaro, Trento e soprattutto nella metropolitana Milano, che è vista da molti appartenenti al mondo LGBTQ come un universo dove poter vivere la propria sessualità in piena libertà, senza paure, vergogne, aggressioni, pregiudizi e ansie in quanto ormai da anni omosessualità, transessualità, lesbismo e le altre non eterosessualità convivono in una società metropolitana animata da frenetiche esistenze socio-lavorative[2]. Fughe, che sempre di più negli ultimi anni, sono sostituite da unioni civili pugliesi simboleggianti una denuncia sociale contro la locale mentalità retrograda incurante di una esigenza etica di vitale importanza, ovvero l’amore come emozione universale capace di insegnare la compassione, la fratellanza e il rispetto, ma in particolar modo come strada maestra per il legame genitori-figli e come buona educazione sessuale giovanile, capace di far riconquistare alle nuove generazione la contemplazione della loro passione erotica, corporale, sociale, e comunicativa, ma in particolar modo la riscoperta anatomico-fisiologica dei loro organi riproduttivi come energie esistenziali[3].
Stefano Bardi
Bibliografia
BORDINI MARCO, Jesi ieri, Le Mezzelane, Santa Maria Muova, 2016.
MODIANO SAMI, Per questo ho vissuto. La mia vita ad Auschwitz–Birkenau e altri esili, a cura di Marcello Pezzetti e Umberto Gentiloni Silvestri, PaperFIRST, Roma, 2021.
Sitografia
Voce enciclopedica “MOBUTU SEKO SESE”, it.wikipedia.org/wiki/Mobutu_Sese_Seko, “Wikipedia”, 2021.
[1] MARINAZZO ERASMO, Lecce, gli staccano un orecchio e poi tentano di ucciderlo: “Sei frocio”. In cinque sotto inchiesta: due militano in CasaPound, ilmessaggero.it/italia/aggressione_gay_casapound_orecchio_lecce_oggi_ultime_notizie-4972169.html, “Il Messaggero”, Roma, 9 gennaio 2020; SCOGNAMIGLIO ROSA, “Niente gay”: coppia omosessuale non può accedere al lido, ilgiornale.it/news/cronache/niente-gay-coppia-omosessuale-non-pu-accedere-lido-1752892.html, “Il Giornale”, Milano, 14 settembre 2019; REDAZIONE, Bari, raid omofobo nella piazza della movida, calci e pugni contro coppia gay. Presi due ventenni, bari.repubblica.it/cronaca/2017/10/17/news/bari_coppia_gay_violentata_e_rapinata_dal_branco_nella_piazza_della_movida_arrestati_2_ventenni-178527221/, “La Repubblica”, Roma, 17 ottobre 2017; REDAZIONE, Aggressione omofoba a Gallipoli: un leccese difende due trans e viene picchiato da napoletani, leccesette.it/archivio/29394/aggressione-omofoba-a-gallipoli-un-leccese-difende-due-trans-e-viene-picchiato-da-napoletani.html, “LecceSette”, Lecce, 23 agosto 2015.
[2] MANCA MARIO, Essere gay e vivere in provincia (al Sud): meglio scappare, solferino28.corriere.it/2014/01/20/essere-gay-e-vivere-in-provincia-al-sud-meglio-scappare, “Corriere della Sera”, Milano, 20 gennaio 2014.
[3] SEMERARO MARIAGRAZIA, Prima unione civile gay a Fasano, parlano i due giovani: “Il nostro matrimonio un atto di denuncia”, fasanolive.com/news/attualita/659812/prima-unione-civile-gay-a-fasano-parlano-i-due-giovani-il-nostro-matrimonio-un-atto-di-denuncia, “FasanoLive”, Fasano, 16 novembre 2017.
Pubblicato su autorizzazione dell'autore che ha dichiarato, sotto la propria responsabilità, di essere proprietario dei diritti sul relativo testo e che la pubblicazione su questo blog è consentita dietro la propria autorizzazione. La pubblicazione – in forma integrale o di stralci – senza corretta attribuzione non è consentita, in assenza del permesso dell'autore.